La bulimia è un disturbo molto noto che rientra nella macrocategoria dei disturbi alimentari. In presenza di questo disturbo, che insorge mediamente tra i 12 e i 25 anni, con un’incidenza di gran lunga maggiore nelle donne rispetto agli uomini, si ingeriscono in maniera molto rapida e ripetuta grandi quantità di cibo per poi liberarsene attraverso il vomito provocato oppure attraverso lassativi. Chi soffre di Bulimia non mangia ne per stimolo delle fame e neanche per raggiungere la sazietà, si tende infatti a mangiare in maniera compulsiva, in molti casi di notte, e si arriva a non poter esercitare nessun controllo su se stessi, ne su cosa e su quanto mangia. I casi di Bulimia si riscontrano in persone spesso molto giovani, in presenza di rapporti familiari difficili e quando si è molto concentrati sulla forma fisica e sul peso corporeo.
La Bulimia: un disturbo mentale con precise caratteristiche
Nel nostro paese si contano almeno 2 milioni di adolescenti che convivono con problemi di disturbi del comportamento alimentare con un preoccupante abbassamento dell’età media in cui queste problematiche si verificano, si arriva infatti a registrare casi già ad 8 anni di età. La Bulimia viene classificata come disturbo mentale delineato da specifiche caratteristiche all’interno del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Il soggetto che soffre di Bulimia mangia quantità eccessive di cibo in un tempo molto ristretto, questo comportamento si ripete in maniera periodica, almeno una volta a settimana, per un periodo di tre mesi, altra caratteristica è quella di non voler ingrassare, per questo motivo si mettono in atto tutta una serie di comportamenti che possano evitare l’aumento di peso nella convinzione di mangiare ma senza assimilare gli alimenti. Si vanno quindi ad utilizzare lassativi, oppure si può ricorrere al vomito autoindotto, un comportamento molto grave per la salute che può generare squilibri elettrolitici, vertigini, esofagite da reflusso e altri disturbi. In alcuni casi si tende poi anche a digiunare per parecchi giorni. Nei casi di Bulimia l’autostima e l’autovalutazione della propria forma fisica vanno ad influenzare negativamente la condizioni patologica, ci sono ad esempio casi in cui non si provoca l’eliminazione del cibo e quindi si va incontro all’obesità.
La perdita del controllo e le emozioni che vanno a scatenare un attacco bulimico
L’elemento più rappresentativo dell’attacco bulimico è la perdita di controllo: chi ingerisce rapidamente e ripetutamente cibo non avverte il senso di sazietà e spesso nemmeno vero appetito, ma viene assalito da emozioni negative, come senso di colpa, disgusto e vergogna che si trasformano nei motori di una nuova crisi bulimica. La bulimia si caratterizza anche per la compresenza di altri disturbi psichici che non fanno altro che inficiare ulteriormente il quadro clinico: ansia, depressione, tossicodipendenze di diversa natura fanno sì che il percorso terapeutico sia molto difficoltoso. Nelle ragazze che soffrono di Bulimia e di anoressia sono ad esempio state riscontrate caratteristiche comuni, rapporti controversi madre-figlia, problemi negli affetti, nei casi più gravi violenze. Come diverse altre patologie, anche la bulimia presenta un’origine da analizzare alla luce di teorie psicologiche e psicodinamiche. Ad esercitare una forte influenza su questo tipo di disturbo è la crescente pressione di una società che impone modelli estetici “perfetti”, i quali inducono nei soggetti un’immagine distorta del proprio corpo con accentuazione patologica. Il vissuto relativo ai rapporti familiari, poi, gioca un ruolo determinante, con un focus incentrato sulla figura materna. La madre di una ragazza bulimica spesso non è stata, e non è, in grado di donare amore alla figlia, generando quel vuoto emotivo che si cerca di colmare con le abbuffate. La bulimica ricerca affannosamente amore e contemporaneamente, e paradossalmente, sente il bisogno di rifiutarlo.
Bulimia: quali sono i segnali a cui prestare attenzione
Quando questa tipologia di atteggiamento si cronicizza, arrivando ad includere un sistematico salto dei pasti o la mancanza di interazione verbale, si pone l’impellente necessità di intervenire. Gli attacchi bulimici presentano due momenti che rimandano l’uno all’altro: un primo, mirato all’appagamento immediato di una mancanza affettiva; un secondo, finalizzato alla distruzione del cibo che null’altro genera che sentimenti di inadeguatezza e rifiuto del proprio corpo, quel senso di colpa che viene “risolto” vomitando il tutto. Questo approccio col cibo totalmente disfunzionale si ripercuote anche nelle dinamiche affettive personali. Una ragazza che soffre di bulimia tenderà a intessere relazioni instabili poiché vorrà “divorare” l’altro e tutto l’amore che questo potrebbe (deve!) donargli. Una volta stretto il legame, sentirà l’esigenza di allontanare il partner, con la stessa veemenza con cui, attraverso il vomito, è solita espellere quanto ingurgitato.
Casi di Bulimia quando rivolgersi ad uno psicoterapeuta e come affrontare la problematica
Rivolgersi ad uno psicoterapeuta è la soluzione più auspicabile, soprattutto quando le persone vicino al/la bulimico/a nota da parte di questo/a una concentrazione esagerata sul cibo, sul proprio peso e sulle calorie, insieme ad un’attenzione maniacale per il proprio fisico che si traduce in un’attività sportiva sfiancante. I bulimici cercano spasmodicamente qualcosa che riesca a saziarli, una sorta di amante simbolico che sia in grado di soddisfarli a pieno. Per questo, l’atto del mangiare non potrà mai essere moderato, giacché a desideri smodati corrisponde un’alimentazione smodata. La passione per il cibo rivela però in tempi brevi il rovescio della medaglia: quell’amante così appagante porta con sé frustrazione e vergogna, in un vortice infinito di fame di cibo e amore. Non a caso, quando nella vita di una persona l’eros è un elemento carente, il cibo è il primo deputato a fare da sostituto in quanto, proprio come l’eros, induce il cervello a produrre dopamina. Ed ecco il grande inganno: il cervello confonde i due stimoli, attribuendo al cibo lo stesso ruolo rivestito dall’atto sessuale. Volontà e desiderio vengono così totalmente sopraffatti, dando origine alla patologia.